Un diario aperto a tutti.

Non sto vivendo il periodo migliore della mia vita, poco ma sicuro. Volevo scrivere qualcosa a riguardo, o meglio, qualcosa sulle riflessioni che questo periodo mi ha portata a fare, ma non è questo il momento, forse ne parlerò in un altro post. Ora voglio solo raccontare cos’ho passato lo scorso sabato: giornata che è stata improduttiva, ma fin troppo piena.

Mi sono svegliata ad un orario tranquillo, verso le nove. Con molta calma ho fatto colazione e poi mi sono preparata per uscire a fare delle commissioni con mamma. Dopo poco ho iniziato a sentirmi male: avevo un senso di nausea molto forte. Siamo tornate subito a casa, di lì a poco avrei vissuto una delle esperienze più brutte della mia vita.
All’improvviso ho iniziato ad agitarmi, a tremare, a sentirmi fuori di me, a percepire continui sbalzi di temperatura, a non riuscire a stare stesa, seduta e nemmeno in piedi. Non stavo bene in nessun modo e non capivo esattamente cosa stesse succedendo. Dopo poco ho avvertito un formicolio alle mani, non me le sentivo più. Cercavo di respirare profondamente, ma l’aria sembrava non bastare mai. Mi immaginavo attraversata da un liquido nero… ah, che brutti scherzi fa la mente. Avete presente il film Venom? Ecco, mi sentivo vittima di una di quelle creature gelatinose nere – scusate la descrizione approssimativa, si vede che non sono amante del genere, eh?

Avevo paura di impazzire. Ero ancora perfettamente cosciente e riuscivo a ragionare senza problemi, ma il mio corpo non rispondeva. Provavo a sollevare le braccia e dopo un movimento davvero limitato mi sembrava di aver fatto uno sforzo enorme; provavo a camminare, anche sostenuta da mia mamma, e sentivo il mio corpo che voleva buttarsi giù. Mi ero fatta preparare una camomilla e non riuscivo a tenere la tazza in mano, ma non solo: non riuscivo proprio ad ingerire nulla, che si trattasse di acqua, camomilla o cibo.
Tutto ciò è andato avanti per quelli che l’orologio ha scandito come una ventina di minuti, ma che a me sono sembrati un’eternità. Mi sono svegliata un’oretta dopo, perché per fuggire da quelle sensazioni orribili avevo cercato di addormentarmi.

Quello che ho passato prende il nome di attacco di panico, episodio che ho vissuto indirettamente più volte, ma che vissuto in prima persona mi è sembrato un vero e proprio incubo ad occhi aperti. Da giorni continuo a descriverlo come orribile, terrificante, spaventoso. Da giorni mi sveglio agitata, nauseata e con la paura costante di viverne un altro. Sì perché, come se non bastasse, dopo che mi ero svegliata dal pisolino e sembrava tutto finito, sabato pomeriggio ne ho avuto un altro mentre guidavo. Per tutto il tragitto ho vissuto un senso di disagio, temevo di perdere il controllo e mi sentivo soffocare. E’ stato più lieve del precedente, ma mi ha lasciata agitata per qualche ora.

Tra i documenti del mio pc, questo scritto si chiama “mostro“: per me, infatti, è stato come se un mostro si prendesse gioco di me, come se qualcuno staccasse all’improvviso il mio corpo dalla mia mente. Mi sentivo privata di me stessa, violata nel profondo, paralizzata, incapace di reagire di fronte a delle sensazioni che mi sembravano assurde e apparentemente immotivate.

Chi mi conosce bene sa che racconto apertamente tante cose e che mi nascondo da poche altre. Di certo i miei momenti di debolezza non sono tra queste ultime. Sto vivendo un disturbo d’ansia, dovuto probabilmente ad un periodo pesante che è durato un po’ troppo. Sto lavorando su me stessa – come sempre, tra l’altro – e sto seguendo un percorso che mi faccia star meglio. Non voglio compassione, anzi, si tratta solo di uno sfogo su quello che è da sempre il mio “diario” aperto a tutti. Parlare fa bene e tante volte raccontare delle proprie difficoltà aiuta a liberarsene.

Il mio migliore amico, che è in grado di tradurre i miei pensieri in parole senza nemmeno rendersene conto, dice che “un’anomalia può essere una paralisi o un’opportunità, a seconda di come viene impiegata“. Ecco, io ho deciso che per me questo periodo sarà senz’altro un’opportunità.
Ho toccato il fondo e ora non posso che risalire.

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